mercoledì 28 agosto 2013

specchi e immagini

Esistono molti specchi e molte immagini.
Il nostro modo di vivere e di fare esperienza degli eventi è molto variabile e nel nostro navigare in questo mare di informazioni ogni tanto capita che ci perdiamo, trascinati dalla corrente.

In quello che facciamo esiste uno stato mentale molto particolare.
Da tutti viene riconosciuto come "la zona" o "the zone".

Questo non è uno stato in cui si può entrare volontariamente, seppure dopo molta pratica, l'accesso possa essere in un qualche modo facilitato.

Tutti gli atleti di alto livello e tutte le persone di successo hanno una cosa in comune: si vedono grandi, si vedono capaci di cose incredibili.

Se ci penso in effetti mi domando "come posso fare qualcosa di grande se in primis non penso di essere una persona capace di farlo?".

Ne ho sentito tante di spiegazioni sulla zona.
Ne ho sentite tante di opinioni in merito.

Io penso questo al riguardo: "la zona è la sincronizzazione massima presente nel momento in cui l'immagine inconscia di sè in un determinato momento raggiunge il suo massimo, al punto che prende parzialmente il controllo".

Chi entra in questo stato esegue qualsiasi lavoro, studio o movimento con una naturalezza incredibile, vi sarà capitato sicuramente di avere una lucidità mentale incredibile, quasi "automatica".. e senza il minimo sforzo.

Le immagini mentali non sono fini a se stesse, hanno un impatto in quello che facciamo.
Basti pensare, ad esempio, all'effetto fisico che provoca in noi l'immaginare di mangiare una buccia di limone, di masticarla e di succhiarla.
Vi si sono attivate le ghiandole salivari giusto?.

Il corpo non fa differenza fra immagini mentali ed evento reale, questo aspetto è molto interessante.
Studi sull'aumento/mantenimento dell'efficienza in soggetti non allenati confermano questa ipotesi.

Fino a che punto le immagini mentali possono condizionarci in quello che facciamo?  Quali sono le probabilità che questo condizionamento influisca sulla nostra capacità di giudizio?. 
Cambiando l'immagine che abbiamo di noi stessi in modo razionale e coscio può in qualche modo facilitare l'accesso alla zona?.






domenica 25 agosto 2013

Spettatori e biglietti da visita

A volte quando meno te lo aspetti capitano delle cose che ti lasciano il segno.

Ieri mentre aspettavo l'autobus nel centro di bologna, sento delle grida provenire da dietro di me.
Girandomi vedo un ragazzo di colore che sta bloccando un ragazzo biondo, erano entrambi riversi a terra.

Il ragazzo di colore grida "chiamate i carabinieri, chiamate il 112!!".

Mi ritrovo ad avvicinarmi alla scena con il cellulare già in mano, dall'altra parte della linea c'erano i carabinieri.
Alla fine del conteso, il ragazzo biondo, vedendosi con le spalle al muro decide di consegnare tutto ciò che ha rubato.
Il ragazzo di colore, mosso a compassione dalle suppliche del ladro, decide di lasciarlo andare prima dell'arrivo dei carabinieri.

Una cosa mi ha stupito...anzi, forse "stupito" non è il termine giusto.

Quando il ragazzo di colore ha cominciato ad urlare "al ladro", tutte le persone presenti hanno avuto delle reazioni diverse fra loro.
Alcune si sono allontanate, altre sono rimaste completamente bloccate dall'emergenza e non hanno mosso un dito.
Erano completamente de-responsabilizzate nei confronti dell'accaduto.

Ad essere accorsi eravamo solo io e una coppia di ragazzi giovani di Bari.

Si chiama "effetto spettatore" o "bystander effect".
E' un fenomeno sociale poco conosciuto da molti e ignorato da altrettanti.

Per chi non sapesse di cosa parlo, guardatevi questo breve video:
http://www.youtube.com/watch?v=gRXdluaYejg

La mia domanda oggi è la seguente.. e parte da una affermazione:
"Il male comune unisce le persone".

Evitare l'effetto spettatore può in un qualche modo accrescere l'empatia fra le persone, rendendole più "umane" fra loro?.
Da parte nostra, conoscere l'effetto spettatore può aiutarci ad evitarlo?.

Quei ragazzi di Bari erano proprio simpatici.
E' in queste situazioni che scopri le persone che a livello umano valgono.
Persone che sanno ragionare con la loro testa.

Peccato, non avevo con me dei biglietti da visita, rimedierò.






giovedì 22 agosto 2013

il cibo e il pozzo

Penso che il cibo sia molto sottovalutato.
Non in quanto cibo fine a se stesso, ma in quanto linguaggio di comunicazione verso il nostro corpo.

Questo per me è buon senso: Dal momento che lo introduco nel mio corpo, il concetto di "cibo" assume un valore immane, al punto da considerarlo il primo fattore capace di donare uno stato idealizzato come "buona salute".

Non ci vuole una laurea in scienze dell'alimentazione per sviluppare un po' di senso critico.
Se un veleno mortale entra nel corpo probabilmente morirai, è così difficile concepire l'opposto? ossia che un cibo possa migliorare le tue condizioni di vita?.

Non voglio entrare troppo nel merito.
Di quello ne ho già parlato in questo post .
Cercherò di sfiorare l'argomento da un'altra angolazione.

Se penso alla società in termini di salute generale, mi sorgono due fattori importanti.

Il primo è il seguente.
Il problema di molti dei medici di oggi non è la mancanza di conoscenza e non è nemmeno il non desiderare la salute dei loro clienti.
Penso che il problema sia il loro ostinarsi nel rimanere nel tunnel in cui hanno studiato.

Prendiamo un dentista: durante una seduta di igiene ti è mai stato chiesto cosa mangi tranne che per gli zuccheri?.
Per fortuna esistono ancora alcuni medici che sanno usare il loro buon senso e non sono dei semplici robottini che si buttano nel pozzo con tutti i pazienti al seguito.



Il secondo fattore siamo noi.
Molti di noi affidano la propria salute in mani altrui, senza mai mettere in discussione le altrui decisioni.
Le prendiamo, in un certo senso, come verità assolute.


Sempre più spesso sentiamo dire dalle persone "questo problema è genetico, non si può fare nulla".
Io penso che questo modo di ragionare non sia sbagliato, ma non è completo.
Penso che sia giusto non fermarsi sugli allori, alla luce di nuove concezioni, come ad esempio l'epigenetica .

Trovo che dobbiamo armarci di pazienza.
E' giusto che leggiamo un po' di più le informazioni a nostra disposizione, soprattutto quelle che riguardano le alternative al modo comune di pensare.
Dobbiamo vedere le indicazioni altrui come dei suggerimenti di un lato della medaglia, non come unica soluzione a tutti i nostri problemi.

Abbiamo una grossa responsabilità verso noi stessi e dobbiamo portarla a compimento se non vogliamo essere sempre in balia del vento.










mercoledì 21 agosto 2013

L'arte di non prendere le cose sul personale

Come da titolo, considero il non prendere le cose sul personale una vera e propria arte.
Arte questa che rientra nel viversi bene la vita.

Mi capita spesso di pensarci.

Prendere le cose sul personale è una di quelle cose che ormai ci viene quasi spontaneo fare.

Mi domando se questo nostro atteggiamento sia frutto della fretta che questa società ci impone.
Bere il caffè richiede molto meno tempo del bere il tè, non esiste parallelismo migliore per descrivere la nostra società.
La società del caffè! la società della fretta! anche nel giudicare.

Purtroppo non ci concediamo mai il beneficio del dubbio, abbiamo sempre questa carta a portata di mano ma non la usiamo mai.
Per quale motivo?

E se la ragione dell'irritazione del nostro interlocutore non fossimo noi?.

Se fossimo noi a interpretare male il messaggio che viene dall'altra persona?.

Di problemi ne abbiamo fin troppi.
Come se non bastasse ce ne creiamo altri da soli.

Altra cosa interessante su cui vale la pena riflettere: prendere sul personale i complimenti.

Un complimento non ti da alcun valore aggiunto, non ti rende una persona migliore no?.
Anzi!!.
Dare troppa importanza ad un complimento ci espone nei confronti di colui che ce li ha fatti.
Le persone non sono sempre buone.

Questo discorso vale soprattutto per le persone insicure, oppure quelle che vogliono in qualche modo manipolarci.

Termino questa breve riflessione incollando la definizione di buon senso, fattore che sempre più spesso cessa di esistere nelle nostre considerazioni quotidiane.

Definizione di wikipedia:
"Il buon senso è la capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza una situazione, comprendendo le necessità pratiche che essa comporta."



martedì 20 agosto 2013

La paura e la risoluzione

La paura è reale, tutti abbiamo paura, ne abbiamo sempre, per i motivi più disparati.

La mia domanda in questo caso è la seguente:
La paura ci trattiene dall'usare le nostre potenzialità al 100% ?.

Ogni volta che dobbiamo portare a termine un compito abbiamo paura che non andrà a buon fine.
Ogni volta che dobbiamo essere valutati abbiamo paura che non andrà a buon fine.

Quante volte non siamo andati bene per colpa della tensione momentanea e guardiamo a quel ricordo con amarezza? .
Quasi fosse un rimpianto.

La paura nasce dal nostro subconscio, abbiamo paura del giudizio altrui, vediamo sempre tutto in un'ottica legata alla paura di qualcosa, sia essa di fallire, di soddisfare, di performare.

Cosa succederebbe se d'improvviso noi riuscissimo a togliere questo filtro e a cambiare ottica? in fin dei conti la paura non serve.
Non è utile.
Ci frena continuamente, è una palla al piede.

Certo, questo non significa che togliere quel filtro significhi avere successo in qualsiasi cosa, ma quantomeno se abbiamo del potenziale ci consente di liberarlo e di mostrare quello di cui siamo veramente capaci.

Rifletto su questo: La paura è una cosa istintiva, quando ci imbattiamo in qualcosa che non conosciamo e che potenzialmente può farci del male, istintivamente abbiamo paura.
PANICO.

Quello a cui mi riferisco io non è quello: è la paura acquisita dalla nostra società e dai suoi costumi.
Se abbiamo acquisito questo timore è anche possibile camuffarlo o cancellarlo?
Qual'è il modo migliore per farlo? dobbiamo forse agire sulle nostre aspettative o sulla nostra risoluzione?.

Non fallirò, lo poterò a termine.
Andrò bene, non ce ne sarà per nessuno.
Non passerà.
Non esiste che io possa perdere.


Penso che cercare di convincere se stessi non significa professare una risoluzione, senza contare che la paura non solo rimane ma addirittura l'ansia cresce!!. (ad esempio l'esame di scuola guida)

Proviamo un altro approccio: Proviamo a vedere la risoluzione come l'adottare una chiave di lettura diversa.
Una chiave che anzichè sfruttare la paura (ho paura di fallire ma ce la devo fare) adotta una certezza di riuscita (non fallirò.)


E' un po' come quando hai un vizio o una dipendenza e cerchi di fronteggiarle usando solo la forza di volontà.
INUTILE.   :-)


lunedì 19 agosto 2013

Elogio al rispetto

Sono convinto che il rispetto sia la base su cui poggia una società, un elemento senza il quale non è assolutamente possibile alcun tipo di convivenza.

La parola rispetto ha un'estensione enorme.
Tutto quello che rientra nel tener conto dei diritti e dei desideri del prossimo, verso lui stesso e sui suoi averi.
Rientra perfettamente nella cerchia del rispetto.

La forma più grande di rispetto la si trova in Giappone, ove questa usanza viene elevata nei suoi più minuti dettagli.
A tal proposito, se avete un po' di tempo libero vi consiglio di dare un occhio a questo blog che ho cominciato a leggere da poco, non è più aggiornato ma è molto simpatico: I giapponesi e il rispetto .
I giapponesi, seppure a volte in modo esagerato/estremizzato lo dimostrano molto bene.

Perchè scrivo a proposito del rispetto? perchè tutti noi ci dimentichiamo di quanto sia importante, avere il massimo rispetto nei confronti del prossimo.
Non mi tiro fuori dalla critica, quello che scrivo vale anche per me.

Anche il semplice fatto di farsi i fatti propri, di non parlare dietro ad altri in loro assenza, di mantenere una promessa e di essere fedeli.. sono una forma di rispetto.
Altri esempi possono essere il chiedere prima di usare le cose di un altro, di non dare le proprie decisioni per scontate verso gli altri uscendosene all'ultimo momento con una frase in stile "ah, ma io pensavo che".
Non sempre lo si fa apposta, a volte capita di comportarsi così per semplice abitudine e non ci si rende conto che, così facendo, si può fare un torto ad altri.

Il rispetto è una di quelle cose fondamentali che ci rende uomini e non animali, con tutto il rispetto per questi ultimi.

Ritengo che diventare abili nel portare rispetto, anche verso chi non ci è amico, sia la chiave per vivere in modo sereno.
Chi è veramente vostro amico vi rispetta a 360 gradi, i veri amici si riconoscono anche in base a queste cose, poichè per i veri amici da rispetto nasce rispetto.







venerdì 9 agosto 2013

corpo umano e navicelle spaziali

Il mondo in cui viviamo è una vita dura, e questo lo sappiamo in tanti.

Con l'aumento della popolazione, il calo dei posti di lavoro e con l'inflazione scolastica, la qualità della vita è diventata un soggetto conteso da molti.
Non ai livelli dell'est asiatico ma sufficientemente da perdere la nostra serenità.

Al giorno d'oggi sopravvivere ha dei requisiti più alti che in passato.

E' un discorso vasto e non voglio entrarvici in termini politici o utopici, mi limiterò a servirmene per esprimere quello che penso.

E' sconcertante.

Mi immagino che la società in cui viviamo sia un grosso universo, molto complesso e ricco di intoppi.
In questo universo, prendiamo i problemi e vediamoli come degli asteroidi.
Inseriamo anche l'essere umano, vediamolo come una navicella, molto complessa.

Come è bene immaginare, sarebbe bello che la navicella solchi questo grande universo senza incorrere in collisioni e mantenendo una velocità efficiente, tenendo in considerazione l'usura della navicella (l'età).

Affinchè ciò abbia luogo è necessario che questa navicella venga fornita di tutti gli elementi necessari.
Non tanto per evitare gli asteroidi, ma per resistere efficacemente agli impatti e per conservare tutti i sistemi di controllo.

Esprimerò qui di seguito i due noccioli di questo pensiero/analogia: 

Primo nocciolo
Penso che molte persone dimentichino questa analogia e la diano per scontata.
Non realizzano che se non ci sono le condizioni necessarie la loro navicella (corpo) non può performare al 100%.
Non entro solo in termini legati al movimento o grasso corporeo, ma anche in termini mentali e mnemonici.

Sento spesso dire: "Si vive soltanto una volta no?".

Penso che questa venga presa come una scusa verso se stessi, si usa troppo spesso, per tutto.
Penso che venga spesso usata per fare quello che si vuole, incuranti del proprio corpo.
Attenzione però, non mi riferisco agli eccessi occasionali ma al disinteresse totale di alcune persone verso il proprio rendimento.


Secondo nocciolo
Le persone preferiscono ragionare in termini semplici, sanno che il problema sono gli asteroidi? cercano di cancellare gli asteroidi.
Siamo circondati di batteri, cosa facciamo? li cancelliamo, li teniamo lontani da noi.

Trovo che questo sia un ragionamento che ha una falla, poichè cosa succederà quando finalmente ci beccheremo uno di questi batteri che temiamo tanto? sarà un disastro.
Gli esseri umani sono nati per adattarsi, anche il sistema immunitario segue la stessa logica.
Ci sono poche minacce? anche il sistema immunitario non è efficiente.

La selezione naturale è chiara in mierito a chi è più forte e a chi è più debole.


Alla fine il discorso è sempre lo stesso: il cervello ci tiene per le palle, è bene esserne coscienti e reagire. 
Siamo quello che facciamo e performiamo da quello che mangiamo.
"Mangiare" non significa nutrirsi.

..Del resto il dibattito verso la teoria pleomorfica rimane aperto. 


  

martedì 6 agosto 2013

La vita come un campo di efficienza

La Romania!.
Un viaggio davvero interessante.
Un paese le cui montagne mi hanno dato molto a cui pensare, motivo per cui non ho postato in questi giorni. 

Non sapevo quale nome poter dare alla logica che ho in mente in questo momento.
Non sapendo se esiste già qualcosa di simile, mi invento un bel nomignolo.. e lo chiamo "campo di efficienza".

Cercherò di esprimermi dal principio, ponendomi delle domande.

Per quale motivo siamo così "naturalmente" riluttanti nell'imparare qualcosa di nuovo, man mano che progrediamo con gli anni?.
Per quale motivo si richiede così tanto tempo per sentirsi a proprio agio con una persona appena conosciuta?.

Provo a ribaltare il discorso in termini di efficienza, in modo molto grezzo.. vediamo cosa salta fuori.
Quanto più si ha efficienza in un determinato rapporto, lavoro o situazione, più si riesce a viverle, integrandole nel nostro mondo.

Ecco! forse il paragone più vicino per poter collegare il concetto di campo di efficienza è proprio il termine "nostro mondo"!.

Quando una persona entra in un campo a bassa efficienza, si trova naturalmente a disagio.. sempre sul chi va la.
Un campo a bassa efficienza è facilmente identificabile: è caratterizzato da una soglia di attenzione maggiore, dalla tendenza di non dare per scontato ciò che sta accadendo in quel momento.. e da un evidente stato di disagio che sembra avere una netta prevalenza inconscia, uno stato di tensione.

Quando una persona entra in un campo ad alta efficienza si trova a proprio agio, quasi come se stesse in quel campo da una vita intera e fosse in un certo senso entrato in simbiosi con quel campo.
Un campo ad alta efficienza è caratterizzato dalla disattenzione, dalla tendenza al dare per scontato,  da una capacità comunicativa più efficiente.. e di conseguenza più recepibile.
Uno stato di maggiore sicurezza e di minor tensione, in un certo senso.. a livello inconscio.
Per ultimo, la svogliatezza nel lasciare questo campo ad alta efficienza.

Bizzarro.

Eppure la mia riflessione svincola anche su un altro fronte, e quindi in un'altra domanda:
E se i sintomi fisici possano essere influenzati da un campo di efficienza?.

Quando si parla di sintomi fisici si tende a pensare in grande, alle malattie, alla degenerazione.
Non mi riferisco a quello.
Il mio è un pensiero più generico, ho semplicemente pensato che l'essere in un campo a bassa efficienza possa avere anche dei risvolti "fisici".

Prendiamo il viaggiare in un altro paese... o l'andare a dormire per qualche giorno in un posto in cui non si è mai stati.
I sintomi fisici sono frequenti fra i viaggiatori, e spesso e volentieri si tende ad associare tutto ciò al banale "fuso orario".
E lo stress? potrebbe essere il sintomo per eccellenza di un campo a bassa efficienza?.

E' alquanto curioso come questi parallelismi trovano un confronto costante con le nostre attività quotidiane.. davvero bizzarro.. eppure ho come una sensazione strana nel fare questa comparazione.