domenica 15 dicembre 2013

La fabbrica dei momenti

Mi trovo, seppure di rado, a parlare della felicità.

Ci possono essere molti punti di vista al riguardo, molti modi di intendere la felicità.

Ognuno ha il suo.

Quando mi viene chiesto cosa mi rende felice, il modo in cui sono solito rispondere è il seguente:
"Mi fa felice investire nelle situazioni".

Solitamente, in seguito a questa risposta, le persone con cui sto parlando mi guardano un po' strano.

La mia risposta nasce da una riflessione.

Da quando sono piccolo, sento parlare della felicità come di un qualcosa di persistente.
Un qualcosa che una volta che la trovi, rimane sempre con te, come nelle favole.

Non ci riesco.
Non riesco a dipingerlo, come fanno molti, come un sentimento costante.

Ad esempio non riesco a identificarmi, con chi interpreta la felicità come un qualcosa di fatto e finito.
Un lavoro, una persona, un oggetto, una fede.

L'unico modo in cui riesco a comprendere la felicità, è in modo situazionale.
La vedo come una serie di momenti piacevoli.
Un flusso di situazioni che generano in noi una sensazione di felicità, di gioia.

Per questo, investo le mie energie nel ricercare situazioni piacevoli.
Questa è per me la felicità.
L'essere felici il più spesso possibile.

Ma questo non mi basta, non posso escludere la radice da cui nasce la mia visione.

Pensiamoci.
Che senso avrebbe la felicità se si è sempre felici?.
Come potremmo apprezzare il benessere senza l'esistenza del malessere?.

Non possiamo essere felici se prima già lo siamo.
Possiamo esserlo solo se prima non lo siamo stati, per brevi o per lughi periodi.
Solo così possiamo riconoscere in noi quella differenza, quella gioia che ci pervade.

Se vivessi in una felicità costante e illimitata, probabilmente diventerei insensibile, mi abituerei.
Abituandomi la felicità perderebbe valore ai miei occhi.
Ringrazio di essere quello che sono.

Non è forse questo lo yin e lo yang della fabbrica dei momenti?.

Andiamo oltre.

Per quale motivo ho scritto sulla felicità?.
Il collegamento potrà sembrarvi curioso.

Mi è venuta in mente rileggendo il buon Yamamoto Tsunetomo, nel suo libro "Hagakure".
Un libro piacevole, a tratti molto profondo, che narra del codice dei samurai.

"Tutti si lasciano sfuggire il presente e poi lo cercano come se fosse altrove".
"Nessuno sembra accorgersi di questo fatto".
"Tienilo a mente, accumula esperienza su esperienza".
"Raggiunta questa consapevolezza non sarai più quello di prima".
"La vita non è che il susseguirsi di un momento dopo l'altro".





martedì 3 dicembre 2013

Il lato oscuro dell'efficienza

E' passato un po' di tempo dal giorno in cui scrissi a proposito del campo di efficienza. ( link )

Ben 119 giorni.

Wow, come passa il tempo!.. ma forse non è sempre un male.
Il tempo dà modo di pensare, di riflettere, di porsi degli interrogativi.
In questo caso ho riflettuto sul fatto che in certi casi, avere una buona efficienza in qualcosa ha dei lati negativi.

Su questo apro una breve parentesi.

Ieri ho letto sul sito della commissione europea che la maggioranza dei giovani fra i 15 e i 24 anni morti in incidenti stradali sono neopatentati. ( link )
Ho esaminato la documentazione presente su quel sito, ma non ho trovato quello a cui ero interessato.
Una ordinazione dei grafici "per esperienza di guida".

Con il termine "neopatentato" si parla di chi ha una esperienza di guida inferiore ai tre anni.
Quello a cui sono interessato è.. "Qual'è la percentuale di questi giovani che fa un incidente mortale, ad esempio, nei primi 3 mesi dal conseguimento della patente?".

La curiosità mi stuzzica.
Se qualcuno ha in mano dei dati di questo tipo e fosse disponibile a condividerli con me, gli sarei enormemente grato.

STOP.
Chiudo la breve parentesi sui dati della commissione europea, non volevo dilungarmi.

Per quale motivo sono interessato all' "esperienza"?.

Perchè trovo che in certi casi, l'avere meno efficienza in qualcosa possa tenerci lontani dai guai, ma voglio vedere fino a che punto.

Godere di una efficienza maggiore nello svolgere una azione comporta, gradualmente, la tendenza a dare qualcosa per scontato.
Prendere decisioni azzardate.

Si può relazionare la cosa all'altro opposto.

"Ha meno esperienza quindi può combinare dei guai".. dicono.
Concordo, ma fino ad una certa soglia.
Penso che sia solo una faccia della medaglia.

Chiudo gli occhi.

Immagino di entrare in una enorme stanza buia, una stanza in cui sono stato solo un paio di volte in passato.
Immagino di voler correre alla cieca.
Il mio istinto mi suggerisce di abituarmi prima all'oscurità procedendo lentamente, con cautela.
Questo perchè non ricordo bene cosa c'era nella stanza.
Potrei farmi male correndo.

Immagino di entrare in una enorme stanza buia, in cui sono stato migliaia di volte, persino poco fa.
Immagino di correre pur vedendo poco-nulla, dando per scontato di conoscere bene la stanza a memoria.  
E se nel frattempo qualcuno ha spostato qualcosa?.

Non è forse quando diamo una cosa per scontata, anche altrui, che mettiamo a repentaglio la nostra incolumità?.

Forse dovremmo essere più modesti sulla nostra preparazione e sulle nostre abilità, a prescindere.
Forse potrebbe insegnarci qualcosa.
Forse potrebbe salvarci la vita.