lunedì 9 settembre 2013

Il Doppelgänger

E' Lunedì.
Giorno alquanto particolare.
Le lancette degli orologi passano sulle ore più frequentemente rispetto agli altri giorni.

Ah già, è vero.. la mia riflessione di oggi.

Sono convinto che la maggior parte delle persone sia ammanettata da se stessa, e non per colpa loro.

Ricordo che quando ero piccolo e andavo a scuola, prendevo qualunque pretesto per non stare attento. Ero sempre distratto.. non facevo i compiti e i giorni successivi copiavo per mantenere una media che fosse "sufficiente" per tirare avanti.

Il motivo che mi veniva dato per studiare e imparare le cose era "non capisci, è importante!".
Andavo a scuola a studiare delle cose per cui non vedevo l'utilità, ragionavo in termini molto pratici.
Ora che ci penso.. cosa intendevo per "pratici"?? mi rendo conto che me ne lamentavo ma erano parole vuote come una scusante inventata sul momento.

Ora la penso in modo diverso, ma cosa è cambiato in me per pensarla così?.

"Deve piacerti quello che studi per andare bene, devi fartelo piacere" mi dicevano.

Ma era solo quello che faceva la differenza?.
Oppure è cambiato qualcosa di diverso?.

Ricordate il mio elogio dell'errore?
Se non l'avete letto potete trovarlo qui: link 

Penso che uno degli effetti collaterali del modello attuale, che ho criticato in quel post, sia una auto-attribuzione ridotta di quelle che sono le potenzialità dell'individuo.
Mi riferisco all'immagine che si ha di se', a quello che noi "crediamo" di essere capaci di fare.

Il mio presentimento è il seguente, proverò a scriverlo qui, anche se temo di non riuscire ad esprimermi come vorrei.

La vediamo come una cosa meccanica.
Ci chiedono di fare una cosa e noi la facciamo, c'è da prendere un buon voto? noi lo prendiamo, non importa come, in qualche modo ci arrangiamo e lo prendiamo.
In tutto questo non guardiamo a noi stessi, guardiamo agli altri per soddisfarli.
Il risultato? una volta raggiunto un obbiettivo ci fermiamo li.
Non ci importa di andare oltre e di esplorare ulteriori possibilità.. è come se ragionando per obbiettivi ci imponessimo inconsciamente uno schema mentale che funge letteralmente come delle catene ai polsi.

La prima volta che ho avuto la percezione di queste manette è stato quando è morto mio zio.
Quando è morto mio zio è come se il cielo della realtà in cui vivevo si fosse incrinato, mostrando qualcos'altro dietro.

Questa batosta, combinata con questo concetto,  che avevo appena compreso, mi ha in qualche modo tolto i sigilli menzionati sopra.
Non so come.

Di colpo mi sono sentito attirato verso qualcosa che non capivo.
Mi sono reso conto che quando leggevo qualcosa la capivo molto più facilmente, se c'era un argomento che mi stimolava lo approfondivo subito, quando facevo le cose mi sentivo molto più focalizzato e ricordavo molte più cose a mente.

Per questo motivo penso che in molti abbiamo delle manette.
E' come se limitassimo le nostre potenzialità mentali e fisiche.
Come se fossimo prigionieri di quello che noi crediamo di poter fare.

Mi domando:
C'è un modo per facilitare questa rimozione?.
Quanto esattamente siamo limitati? E' quantificabile?.
Porsi la domanda e riflettere può in qualche modo velocizzare la cosa?.

Viaggio mentale o implicazioni reali?
Che il famoso "Doppelgänger" sia in realtà il nostro vero io?.
















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